Dal bosco dei 7 faggi(Imma lo chiama il cane) comincia la salita vera. L’inizio del canalone è davanti a noi. Per un attimo ci fermiamo. Il rumore del nascere del vento ci trasporta con se, per esserne avvolti un attimo dopo. Circondati da quello stesso vento, ci sentiamo per un istante, storditi, ma Imma rompe gli indugi e avanza sulla neve ancora ghiacciata. Il mio sguardo però è rapito da un canale sulla sinistra, che, come una rampa, sale fino al cielo. Lei decide di prenderne un altro sulla destra. Ci ritroviamo così, soli con noi stessi, ad affrontare la nostra personale ascesa. Strano direi! Non ci era successo altre volte di dividerci, ma forse è giusto così. Ognuno di noi deve confrontarsi con il proprio io, confidandogli le proprie inquietudini e le proprie paure. Forse per trarne più forza o, semplicemente, per liberarsi di un peso che non ci appartiene. Sto vivendo un battito della mia vita che sembra un’eternità. Salgo, affondando i ramponi sul pendìo, che, a poco a poco, diventa sempre più ripido. Mi volto più volte. Non devo avere timore! Quell’ascesa è tutto ciò che desideravo. Sono dentro il canale, il pendìo si attenua quasi fosse una piazzola. Ma su quella via, che tutto sommato non sembrava così ripida, mi sento improvvisamente solo. Davanti a me, un muro inanimato di neve e ghiaccio, mi sbarra la strada. Dopo un paio di passi sento la pendenza aumentare sotto di me. Affondo su una neve molliccia. Impreco. Sono completamente isolato da tutto, e da lì, non posso assolutamente girami. Poi la mia mano, accompagnata da una forza istintiva, afferra alcune rocce in alto a sinistra. Le mie dita sentono il ruvido della pietra calcarea. È quella la mia via d’uscita. Affrontare la cornice di fronte sarebbe una pazzia. Le punte dei ramponi graffiano e si aggrappano su parti di roccia minuscole. Sento un urlo…Imma ce la fatta! Io sono ancora in quell’imbuto a divincolarmi, come mai in vita mia. Il movimento è preciso…niente distrazioni. Guardo un’ultima volta in basso. Pianto la piccozza sopra la cornice e passo sull’ultimo gradino. Sono fuori! Mi butto a terra sorridendo e silenziosamente mi libero dell’adrenalina accumulata, sentendo la frenesia del mio corpo. Guardo il cielo di un blu cobalto, guardo il Dolcedorme poco più in là, guardo Imma che è già sulla cima ad aspettarmi e soprattutto guardo da dove son salito. Lei mi viene incontro.
“Sogno
realizzato?” mi chiede.
“ Si, direi proprio di si.”
La vita và avanti proprio come il cammino di un uomo verso le montagne che lo aspettano. Per esaudire i sogni invece, a volte, bisogna affrontare strade ripide come una “scala che conduce al cielo”.