lunedì 2 gennaio 2023

L'alba di un nuovo anno

Vorrei iniziare dalla fine:

Apro gli occhi, guardo la sveglia. Sono l’una e mezza di pomeriggio. Mi sento confuso, stordito eppure riposato. Mi sembra così strano...non mi sveglio mai a quest’ora! Ho la strana sensazione di non ricordare niente di ciò che è successo…boh! Poi nella mente, pian piano, come trasportati da scie di vento infuocato, frammenti di sogni si uniscono, formando un quadro ben chiaro. Stanotte ho scalato il Dolcedorme ed è tutto vero, non ho sognato…è tutto incredibilmente vero! Ma oggi è un giorno speciale, è il primo dell’anno. Mi siedo davanti al camino acceso e lascio, che le belle sensazioni escano fuori e si fondino con quel gradevole calore. Sento le fiamme vive, accalorarmi gli occhi ed un'emozione vera e pulsante, mi fa quasi tremare. Guardo fuori e vedo le mie montagne. Nulla sarà più come prima.

La salita:

L’idea di compiere questa (non so bene come definirla) “folle-originale-impresa” era nata qualche anno fa, dalla mente del mio amico Max, ma più volte rimandata fino a ieri. Forse non eravamo ancora giunti, ad un livello di follia adeguato. Ma come spesso succede, è la montagna che chiama e noi, ammaliati da quel incredibile voce, non abbiamo saputo rinunciare. Mi sveglio da quel sonno profondo, avendo ancora negli occhi e nel cuore, le immagini che ho avuto la fortuna di vedere e di sentire sulla mia pelle. Avevamo appena finito il tratto roccioso più bello. Quello dove ci si arrampica prima del “campo base”. Sentivo in me una tale concentrazione, portarmi sempre più su…tra le rocce e la neve. Sembrava stessimo scalando qualcosa di incredibilmente bello. E poteva anche essere, la più alta e difficile montagna del mondo o chissà cos’altro, ma noi eravamo lì, a sognare ad occhi aperti nel buio della notte. Giganti di pietra e alberi imponenti mi appaiono durante l’ascesa, come figure che spuntano dal nulla. Li scavalco, li giro, li tocco con le mie mani, fino ad ottenere un appiglio sicuro che mi faccia salire. Come saette, fuggono nella notte, le luci delle nostre lampade frontali. A volte ad illuminar la strada, a volte a perdersi nell’abisso che ci circonda. La neve grida, dice Max. Ci sarà del ghiaccio ad attenderci nel canalone. Poi mi fermo. La nebbia che ci avvolgeva è svanita, portata via da chissà quale magia. Il mondo si popola di miliardi di luci e incredibili colori. Lo sguardo spazia fino a chissà quale paese lontano. È mezzanotte ed io, piango come un bambino, che urla al mondo intero, la sua gioia di vivere. Un senso di enorme gioia, in quell’istante, invade il mio spirito, come se il mondo intero mi si rivelasse in quei cinque minuti. Cinque minuti o forse un’eternità, nei quali ho intensamente vissuto la mia vita. Cinque minuti o una notte intera, nella quale ho respirato l’aria speciale di un giorno speciale, scalando assieme ai miei amici, “la via più bella” delle nostre amate montagne. Cinque minuti nei quali sono passati davanti ai miei occhi, tutti i visi delle persone a me care e che avrei voluto, fossero lì con me, in quel posto così strano, per vivere insieme quell’attimo di vera esistenza. Ci uniamo nuovamente sfiorandoci ed abbracciandoci, cercando di stare in equilibrio in quel mondo verticale e ghiacciato. Proseguiamo. Ci eravamo prefissati che non fosse stato importante, l’arrivo a mezzanotte e quindi niente corse! Tracce sulla neve ghiacciata ci aiutano nell’ascesa. Scopriremo poi con piacere, che erano degli amici del gruppo speleo di Morano, saliti il giorno prima. Vado avanti sentendo un vigore innato che si anima sempre più nel mio corpo. La tensione accumulata nei giorni passati è sparita totalmente ed adesso sono lì, a vivere a pieno quella scalata, diretta alla grande montagna. Qualcuno chiede quanto manca. La fatica si fa un po’ sentire. Max tranquillizza tutti. Vado avanti, con la concezione di stare passando nel canalone centrale ma non vedo granché. La salita si fa dura e la via si inerpica sempre di più. Un colpo di piccozza e un paio di passi. Ancora così fino alla fine. È davvero una goduria! Quella musica costante diventa quasi una melodia e il fiato esce dalla mia bocca, denso ed annebbia il mio sguardo. Poi il pendio si attenua. Ci ricompattiamo. Facciamo passare Max affinché sia il primo a coronare questo sogno. Le stelle in cielo ci guardano splendenti. Non c’è un soffio di vento ma fa un freddo cane. Vedo una luce che si ferma poi un’altra ancora e l'altra che si unisce a loro…siamo in cima! Il freddo punge ed il sonno e la stanchezza avanzano. “…Siamo i primi di quest’anno…” scriverò sul libro di vetta. Sono l’1:45 e dobbiamo assolutamente scendere, prima di trasformarci come i pesci surgelati di questi giorni di festa e banchetti. Mettiamo sotto i denti qualcosa, tra cui anche una fetta di zampone (ci farà venire una gran sete) e partiamo per la discesa. Ritorno per il canalone del faggio grosso, dove la neve per lunghi tratti è davvero tanta, fino a farci sprofondare. Per fortuna diventerà compatta e quasi ghiacciata per permetterci tranquillamente, di arrivare ad imboccare il sentiero comodamente. Siamo un po’ stanchi e la via fino alle macchine, sembra non finire mai. Qualche pausa e poi al sicuro da tutto e senza tempo, ci regaliamo un bel brindisi, accompagnato da una gustosa fetta di panettone. Arriviamo stremati e con il bagliore dell’alba sui nostri visi stanchi. Un’alba nuova, da primo dell’anno iniziato così, in un modo originale e straordinario. Penso che mai si cancelleranno questi attimi dal mio cuore e che come un inchiostro indelebile, hanno scritto una pagina importante della mia vita montanara.

Mi sveglio guardando il calendario. Sul primo giorno c’è scritto:

“le gioie più vive nascono dalle azioni più belle”.

È proprio vero! Buon anno a tutti!


Un ringraziamento a Carla Primavera, Luigi Vincitore e Massimo Gallo


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