Tirana
08:10 domenica 3 Novembre 2024.
Sono seduto in una sala d’attesa di un hotel, a circa mezz’ora a piedi dal centro città. È il penultimo mese dell’anno ed io, mi sento come un qualsiasi turista italiano lì, alla ricerca di cose affascinanti da fotografare ed emozioni da vivere. La sveglia biologica, ahimè, mi ha impedito di riposare ancora un po', così, trepidante, aspetto l’orario giusto per potermi incamminare e riprendere il viaggio di ritorno. È una sala d’attesa accogliente quella dove sono accomodato, dal tipico aspetto vintage; quello che ti fa immaginare che il tempo si sia fermato chissà quando, ma che scorre comunque rapido, se per un attimo mi affaccio fuori e il mio sguardo, va oltre il lunghissimo viale di aceri che costeggia il fiume. È autunno ed anche se il clima è piacevolmente mite, i colori degli alberi non riescono a mentire. La strada lì fuori è “trafficatissima” con auto che passano veloci nel transito mattutino (anche di domenica), ma che vedo fermarsi precise al rosso del semaforo. D’improvviso la porta d’ingresso si apre, una coppia di ragazzi va via salutando, e in un baleno, il frastuono di quello che c’è all'esterno mi inonda, mischiandosi al rumore gentile e silenzioso del luogo dove mi trovo. Dò un’ultima occhiata all’orologio e decido che il tempo di partire è giunto anche per me. Mi fermo un attimo a pensare a ciò che sto vivendo, così, per il semplice gusto di osservarmi da un altro punto di vista e distaccarmi momentaneamente con la mente. Ma chi sono davvero io? Perché mi trovo lì? Cosa ci faccio con quella ventiquattrore sulla spalla? Allora penso a ieri sera quando ho avuto il piacere e l’orgoglio incomparabile, di raccontare una storia scritta in un libro, discutendo sui dialetti e sugli usi antichi di un tempo che non c’è più. Sento il corpo vibrare al sol pensiero. Ma ieri sera, in quello stesso posto, dialogavo tra le persone, nella loro lingua, e per un attimo mi sono sentito come se fossi a casa mia, nel mio amato paesello. Ieri, mentre passeggiavo per quelle stesse strade, ascoltavo le persone parlare tra loro e ne capivo il significato, avendo la stupenda sensazione di essere tornato nella mia gjitonìa, quella dove sono cresciuto. Non cè stata un’insegna di un negozio che io non abbia letto, e che non mi abbia riportato alla mia terra e alla mia gente. Ho chiesto informazioni ad un usciere di un palazzo altissimo e l’ho ringraziato benevolmente per avermi indicato la via giusta da seguire; ho rifiutato un’offerta a chi mi voleva vendere chissà cosa per strada, cercando di non sembrare scortese; ho ordinato da mangiare leggendo tranquillamente quel che c’era scritto sul menù, evitando così di ricevere cibi sgradevoli. Cose normalissime per un viaggiatore! Sicuramente! Ma io quelle cose l’ho trasformate in emozioni uniche che non provavo da un po'...perchè l’ho avute esattamente lì, in quella terra così vicina sentimentalmente e a volte così lontana. E poi quella musica di strada...ah! La sento ancora scorrere addosso e mi commuovo mentre comprendo la ricchezza di ciò che possiedo, affinché possa coltivarla e non abbandanarla mai. Mi fermo ancora un attimo a pensare e sorrido tra me e me. Saluto la signora dell’hotel e vado via. Appena varco l’ingresso, sento l’aria della strada solleticarmi immediatamente le narici. Sento di andar via colmo di emozioni, ma con un pizzico di maliconia, quella che puntalmente si presenta ad ogni saluto. Troppo veloce questo tempo, troppo breve questo viaggio. Cos’è dunque questa mia condizione emotiva? Così tremendamente familiare e sbalorditiva da non farmi intendere dove mi trovo davvero. Non sono quindi uno straniero, un estraneo? Ma io sono un italiano caspita! Cos’è dunque questa mia situazione personale? Così ammaliante da farmi immediatamente pensare ad un altro viaggio ancora. Io sono Arbëresh, ecco! Tutto il resto è la terra da dove discende il mio sangue. È difficile da spiegare, anche per uno come me, che di parole ne ha tante! Ma le parole scorrono veloci come le auto nel traffico di questa mattina...le belle emozioni restano per sempre.